Tra i casi più virtuosi rientra sicuramente quello del settore edile in cui la formazione professionale e il sistema di apprendistato sono presidiati da oltre settant’anni dalla rete delle Scuole edili, diffuse su tutto il territorio nazionale. Attraverso l’ausilio degli enti bilaterali -organismi paritetici di derivazione contrattuale- e il coordinamento degli stessi a livello territoriale, l’edilizia è infatti riuscita a riservare alla formazione un ruolo privilegiato e originale. È solo nel settore edile, infatti, che un istituto formativo cogestito bilateralmente è posto alla guida dell’intero impianto ed è responsabile della formazione degli apprendisti (di qualsiasi livello).
La prima Scuola Edile venne fondata a Genova nel 1946, quando il Paese si apprestava ad affrontare il secondo dopo guerra e una forte crisi economica causata, tra l’altro, dall’abrogazione del blocco dei licenziamenti, disposto nel 1945 con Decreto legislativo luogotenenziale n. 523, a causa degli eventi bellici (il primo ed unico blocco dei licenziamenti della storia repubblicana prima di quello attuale disposto in occasione dell’epidemia da Covid-19).
La forza lavoro del tempo non aveva gli strumenti professionali per inserirsi in cantieri dove i modelli organizzativi e gestionali stavano profondamente cambiando, soprattutto per via della sempre maggiore diffusione delle costruzioni in cemento armato. La domanda di manodopera qualificata era piuttosto alta, anche in vista dei vigorosi investimenti pubblici che di lì a poco avrebbero interessato il mondo dell’edilizia.
Per queste ragioni il primo CCNL di settore stipulato dopo la seconda guerra mondiale, nel 1946, seguendo l’esempio della scuola edile genovese, istituì il sistema bilaterale delle Scuole edili, al fine – come riportato dall’articolo 46 del CCNL – «di dare impulso alla istruzione professionale come mezzo essenziale per affinare e perfezionare le capacità tecniche delle maestranze e per migliorare ed aumentare il loro rendimento nella produzione». In origine l’apertura delle scuole edili era facoltativa e riservata soltanto ai casi in cui era ritenuto «necessario e possibile». L’impegno alla generalizzazione dell’istituzione degli enti Scuola venne assunto dalle parti nel Contratto nazionale del 1959, pur riconoscendo la possibilità che i territori meno organizzati si affidassero ad istituti professionali locali.
In origine le Scuole Edili si rivolgevano ai lavoratori adulti, sia perché i primi ad aver bisogno di formazione e riqualificazione erano gli operai già presenti in cantiere, sia perché questa impostazione «rispondeva meglio agli stessi interessi del sindacato» (L. BELLARDI, Istituzioni bilaterali e contrattazione collettiva. Il settore edile (1945-1988), Aisri-Franco Angeli, 1989, p. XX): in questo modo si creava un collegamento con soggetti che, in ragione di un elevato livello professionale, erano più funzionali all’obiettivo di costruire una solida base associativa.
Una vera apertura delle Scuole Edili nei confronti dei giovani arrivò qualche decennio dopo la loro costituzione, quando emerse l’esigenza di attirare nuovi lavoratori e fu necessario attuare la legge n. 25 del 1955 in materia di apprendistato. La contrattazione collettiva, infatti, aveva affidato alle Scuole la responsabilità dell’insegnamento complementare che integrava la formazione offerta dal datore di lavoro cantiere.
Sin dal principio il metodo delle Scuole Edili sembrò integrarsi perfettamente con la concezione pedagogica del lavoro, tipica dell’apprendistato. La Scuola di Genova, ad esempio, si strutturava attraverso una cooperativa, realizzando il modello della fabbrica produttiva, in cui le lezioni teoriche svolte in aula erano accompagnate massicciamente dalle attività svolte nei cantieri in cui venivano realizzate delle vere e proprie commesse. Questa metodologia didattica consentiva, da un lato, di superare la dicotomia fra lezione teorica e pratica; dall’altro lato, poneva le condizioni necessarie per imparare il mestiere in un ambiente lavorativo ma comunque propedeutico all’apprendimento, perché ben distino dal cantiere ordinario dove non era «più possibile imparare un mestiere», a causa della diversità delle lavorazioni e alla specializzazione dei compiti di ciascun lavoratore (A. MARTINI, F. PAOLI, La chiave di volta. Lavoro, imprese e professionalità. Per una storia del sistema bilaterale della formazione edile, Formedil, 2010, p. 58).
La vivace tradizione delle Scuole Edili è giunta fino ad oggi, da ultimo con la stipula dell’Accordo del 4 aprile 2019, siglato dalle parti sociali per il settore delle costruzioni industriali e cooperative (fareapprendistato.adapt.it). L’Accordo, frutto dei lavori della relativa Commissione bilaterale istituita dal CCNL 18 luglio 2018, detta un’articolata disciplina dell’apprendistato che si distingue da quella contenuta nella maggior parte dei Contratti degli altri settori e che coinvolge in maniera significativa il sistema bilaterale di settore.
Le Scuole Edili devono presidiare l’intero percorso di apprendistato, svolgendo anche un ruolo di programmazione e organizzazione delle diverse iniziative realizzate nel territorio di competenza. Del ruolo strategico-progettuale riconosciuto alle Scuole può dirsi in riferimento alle funzioni di raccolta e monitoraggio delle informazioni per l’avvio dei rapporti di apprendistato (avvalendosi a tal fine dei dati in possesso delle Casse edili), di definizione dei percorsi formativi relativi ai profili professionali determinati a livello locale con le intese tra regioni e parti sociali, di predisposizione di moduli e formulari per la redazione del PFI ed eventuale assistenza all’impresa nella definizione del medesimo.
La vera originalità delle Scuole edili emerge, però, in riferimento all’apprendistato duale di primo livello. In questa tipologia di apprendistato, com’è noto, il percorso svolto in azienda si alterna a quello intrapreso presso un istituto formativo, come ad esempio una scuola secondaria superiore o un istituto di formazione professionale collocato all’interno del circuito IeFP (Istruzione e Formazione Professionale). Il CCNL Edilizia, con riferimento all’apprendistato duale di primo livello, dispone espressamente che l’istituto formativo debba essere individuato «in via prioritaria presso le Scuole Edili/Enti Unificati, ove accreditati secondo la normativa vigente».
Le Scuole Edili, in sintesi, operano all’interno della rete dell’Istruzione e Formazione Professionale, realizzando l’ingresso di un soggetto proveniente dalla bilateralità, cogestito da sindacato e aziende (un po’ più diffusi i casi in cui sia l’associazione datoriale ad investire in questo settore). Nell’anno scolastico il numero di rapporti di lavoro in apprendistato di primo livello impegnati nel settore delle costruzioni era 1.706, il quarto per diffusione dopo quello manifatturiero-metalmeccanico, alloggi e ristorazione e commercio all’ingrosso e al dettaglio.
Per quanto riguarda l’apprendistato professionalizzante, secondo le ultime rilevazioni dell’INAPP, il settore delle costruzioni è tra quelli in cui l’istituto è maggiormente diffuso (con una quota di circa il 10 per cento sul totale). Anche in riferimento all’apprendistato professionalizzante il CCNL attribuisce alle Scuole Edili un ruolo non marginale, prevedendone il coinvolgimento nell’ambito della formazione dei tutor aziendali e, soprattutto, anche rispetto alla formazione professionalizzante. Nell’apprendistato di secondo livello la formazione professionalizzante è di regola affidata alle stesse aziende, anziché ad istituti formativi come accade nell’apprendistato duale, con il concorso delle Regioni che tuttalpiù possono erogare corsi di formazione di base e trasversale. Nel settore edile, il CCNL di settore dispone invece che «la formazione per l’acquisizione delle competenze tecnico-professionali e specialistiche viene effettuata in via prioritaria presso le Scuole Edili/Enti unificati».
Il settore è inoltre caratterizzato da un forte coordinamento tra i diversi enti bilaterali che lo compongono e che rappresentano il punto di forza di un sistema in cui la formazione riguarda in maniera particolare anche aspetti legati alla salute e sicurezza sul lavoro. Da qui la previsione contenuta nell’Accordo del 2019 secondo cui, all’atto dell’assunzione, l’apprendista dovrà frequentare la Scuola Edile/Ente Unificato per lo svolgimento di 24 ore, comprensive delle 16 ore previste dall’art. 91 del Ccnl industria e delle 8 ore destinate alla sicurezza previste dall’art. 37 del D.Lgs. n. 81/08.
Attualmente, in Italia si contano 104 Scuole Edili che erogano oltre 14.000 corsi (1.400 dei quali nell’ambito di percorsi di apprendistato), per un totale di 158.000 allievi tra operai e tecnici addetti. Le Scuole sono coordinate dal Formedil -Ente nazionale per la formazione e l’addestramento professionale in edilizia- la cui nascita si deve alla diffusione di tante realtà territoriali che, nel corso del tempo, hanno avuto bisogno di un’organizzazione a livello nazionale. Già nel CCNL del 1963 fu introdotta una commissione nazionale paritetica «con funzioni consultive, di studio e coordinamento delle iniziative settoriali nel campo della istruzione professionale». I tempi di implementazione dell’Ente, però, furono piuttosto lunghi e lo Statuto dell’Ente sopraggiungerà solo nel 1980, quando la Commissione assunse nome e funzioni attuali e gestione bilaterale (con Presidente di nomina imprenditoriale e Vicepresidente di nomina sindacale).
Bilateralità e formazione: le relazioni industriali del settore edile hanno realizzato un modello raro, se non unico. In nessun altro settore, infatti, le Parti sociali hanno costruito una scuola professionale, accreditata secondo l’ordinamento dell’Istruzione e Formazione professionale. Questa soluzione, la cui operatività e implementazione meriterebbe ulteriori ricerche e indagini (anche sul campo), pone le condizioni per il superamento di uno dei più annosi problemi che caratterizzano l’apprendistato in Italia: il mancato raccordo tra standard formativi e standard professionali: in altre parole, il mancato dialogo tra mondo della formazione e mondo del lavoro. Nelle Scuole Edili i due mondi trovano una sintesi perché ad esse è affidata sia la definizione dei profili formativi che l’erogazione di una formazione capace di rispondere al fabbisogno professionale del mercato. Le relazioni industriali hanno quindi un esempio concreto a cui potenzialmente rifarsi per provare a costruire, in attesa di un’iniziativa anche da partedel mondo scolastico e delle istituzioni, sistemi settoriali di formazione integrata, capaci di far dialogare e collegare standard formativi e professionali, superando non solo il mismatch tra domanda e offerta di competenze, ma promuovendo allo stesso tempo un “modo nuovo” di fare apprendistato, collegando in modo strutturale e non episodico apprendimento e lavoro.
ADAPT Junior Fellow
Scuola di dottorato in apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro
Università degli Studi di Siena