Bollettino ADAPT 30 maggio 2022, n. 21
Sta entrando nel vivo la discussione (vedi l’audizione del Ministro Orlando) sulla bozza di testo di legge unificato sui tirocini curriculari («Istituzione e disciplina del tirocinio curricolare»), redatta dalle commissioni lavoro e cultura, che ha inteso rappresentare la sintesi delle diverse proposte normative che erano state presentate in merito alla disciplina degli stage curriculari, ossia quei percorsi formativi svolti sul luogo di lavoro durante il periodo di studi. Nelle scorse settimane erano già trapelati dal dibattito politico alcuni degli indirizzi prevalenti dell’intervento, concernenti in modo particolare la possibile previsione di un’indennità obbligatoria da riconoscere anche ai tirocinanti curricolari1. Inoltre, con la presentazione del testo unificato, si è aggiunto un elemento di ulteriore rilievo per comprendere l’evoluzione della disciplina, con riferimento alle diverse tipologie ed ai destinatari della misura.
A partire da quest’ultimo punto, l’articolo 1 (Definizioni e finalità) della proposta di riforma fa riferimento al fatto che il tirocinio curriculare deve perseguire finalità di integrazione alla didattica tradizionale, di orientamento nel mondo del lavoro e di acquisizione di competenze professionali ed abilità trasversali. Proprio su quest’ultima dicitura (lettera e), articolo 1) sorge un dubbio circa la scelta da parte del legislatore di affiancare l’aggettivo “trasversale” al termine “abilità” e non invece il, forse più coerente, termine “competenze”, peraltro facente parte della denominazione della nuova alternanza scuola-lavoro, ossia i “Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento” (PCTO), recentemente individuati come percorsi formativi innovativi per lo sviluppo delle “competenze non cognitive” («Introduzione dello sviluppo di competenze non cognitive nei percorsi delle istituzioni scolastiche e dei centri provinciali per l’istruzione degli adulti, nonché nei percorsi di istruzione e formazione professionale»). È poi al punto 3 dello stesso articolo 1 che vengono distinte due tipologie di tirocinio, plausibilmente riconducibili all’ambito universitario. La prima destinata all’acquisizione di crediti formativi per il completamento del piano di studi e la seconda destinata alla preparazione della tesi finale sulla base di un progetto concordato con il relatore.
Più complesso è invece comprendere l’integrazione tra la proposta di legge in commento e le tipologie di tirocinio curricolare svolte nell’ambito dell’alternanza scuola-lavoro e dell’istruzione e formazione professionale (IeFP). Nel primo caso, resta da vedere come la nuova normativa sugli stage curricolari andrà ad interagire con la disciplina già vigente, richiamata dallo stesso punto 4 (legge sull’alternanza scuola-lavoro, n. 77/2005). Per quanto concerne invece i tirocini nell’ambito delle IeFP, al punto 6 del medesimo articolo, viene esplicitato come dovrà essere la Conferenza Stato-Regioni a presentare delle linee guida volte a disciplinare lo strumento. Proseguendo, desta stupore il considerare che tra i soggetti promotori di tirocini curricolari indicati all’articolo 2 non vi sia traccia di alcun riferimento agli Istituti Tecnici Superiori (ITS), che, tuttavia, prevedono lo stage come obbligatorio per il 30% del monte ore formativo totale, e la cui disciplina non è chiarito se debba rifarsi a quella dei tirocini curriculari universitari, in quanto rientranti nell’alveo della formazione terziaria, o se debba restare in attesa di successivi pronunciamenti.
Tra le altre novità del testo, all’articolo 8 (Indennità e rimborso forfettario), vi è poi la già annunciata disposizione dell’obbligo di rimborso forfettario in capo ai soggetti ospitanti a favore dei tirocinanti per le spese di trasporto, di strumentazione e, qualora il tirocinio superi le cinque ore giornaliere, di vitto. Viene poi precisato, al punto 2 del medesimo articolo, come ai soli tirocinanti maggiorenni, a decorrere dal secondo mese del tirocinio, spetti un’indennità onnicomprensiva di almeno 300 euro, a carico del soggetto ospitante e fatte salve diverse disposizioni accordate nella convenzione formativa.
Rispetto a queste previsioni, non possono che aprirsi alcuni dubbi interpretativi che andranno forse chiariti dal legislatore: il rimborso per le spese di trasporto e strumentazione sarà devoluto a tutti i tirocinanti, sia minorenni che maggiorenni? L’indennità omnicomprensiva di minimo 300 euro per i tirocinanti maggiorenni sarà in aggiunta o in alternativa al rimborso spese suddetto? Non è chiaro, inoltre, se la clausola di sussidiarietà a chiusura delle norme sul diritto al rimborso e alla indennità, che prevede che la convenzione tra soggetto ospitante e soggetto promotore possa disciplinare diversamente, ammette l’esclusione di tali rimborsi e indennità ovvero consenta alle parti di spostare l’onere economico dal soggetto ospitante al soggetto promotore.
Al netto delle questioni più tecniche, esiste un tema sostanziale legato all’impronta che si intende dare ad uno strumento come il tirocinio curriculare. Non vi è dubbio che la previsione di un rimborso o di un’indennità minima anche per questa tipologia di stage sia stata concepita nel tentativo di arginare gli abusi per cui lo strumento non viene adoperato come leva formativa e di orientamento a favore dei giovani (anche a beneficio dell’impresa, considerata la possibilità di inserire un risorsa formata in azienda), bensì come una scappatoia produttiva a basso costo per sopperire a carenze organizzative e di personale rendendolo un rapporto di lavoro dipendente camuffato.
Tuttavia, a sorprendere non è tanto il giusto intento di salvaguardia delle esperienze formative dei giovani, pienamente condivisibile, quanto piuttosto l’arma scelta per combattere le distorsioni di uno strumento che potrebbe rappresentare una importante modalità di apprendimento di competenze tecniche e trasversali difficilmente acquisibili attraverso le metodologie didattiche ordinarie in aula. Prevedere un’indennità rischia infatti di orientare maggiormente il rapporto di stage in una prospettiva lavorativa, più che formativa (un paradosso per esperienze comprese nell’ambito di un percorso studi!), avvicinando pericolosamente il rapporto ad una forma di lavoro povero2, da cui è bene preservarsi. A questo proposito, la sfumatura lavoristica del tirocinio sembra ulteriormente accentuarsi per via di quanto previsto all’articolo 9 sulle clausole premiali per l’assunzione dei tirocinanti, che orientano lo strumento verso fini maggiormente occupazionali più che formativo-orientativi.
Non da ultimo, come da articolo 11, pare condivisibile l’intento di voler instaurare una attività di monitoraggio puntuale che permetta di prendere decisioni basate sulle evidenze e non sulle impressioni di una o dell’altra esperienza. Tuttavia, sempre per evitare di caricare di eccessiva burocrazia le imprese con ulteriori comunicazioni obbligatorie, un’alternativa più efficiente potrebbe essere quello di richiedere dati aggregati sulle attivazioni degli stage curricolari ai soggetti promotori che, per la tutela della finalità formativa dell’istituto, andrebbero sempre più coinvolti e responsabilizzati nelle fasi di progettazione e monitoraggio dei percorsi e anche di validazione degli apprendimenti.
Per concludere, il moto, sempre più insistente, verso la previsione di un’indennità economica per ogni tipologia di tirocinio si pone sull’onda delle previsioni del Parlamento europeo, il quale in una recente risoluzione (Rafforzare il ruolo dei giovani europei: occupazione e ripresa sociale dopo la pandemia) ha invitato gli Stati membri a definire un quadro giuridico idoneo a garantire anche un supporto di questo tipo. Tuttavia, tenendo a mente il giusto obiettivo di limitare gli abusi dello strumento e di puntare sulla qualità delle esperienze, può forse essere altrettanto auspicabile investire in un più puntuale riferimento sulle modalità pratiche di certificazione delle competenze acquisite nel percorso, come rapidamente accennato all’articolo 11 (Monitoraggio) della proposta di legge, sul supporto alle imprese e agli enti promotori (scuole e università) nella gestione dei percorsi e nella costruzione delle convenzioni e dei piani formativi, adottando quindi un approccio propositivo più che “punitivo”.
L’introduzione di una indennità per gli stage non basterà per cambiare la rotta di un sistema che fatica a far collaborare il mondo educativo con il mondo del lavoro. La differenza non verrà fatta da un piccolo rimborso spese, bensì da quanto istituzioni, scuola-università e imprese saranno capaci di progettare insieme il futuro professionale dei giovani, definendo un sistema partecipato di matching tra domanda e offerta e di placement integrato anche nel sistema formativo. È da ultimo importante auspicare che la futura disciplina si ponga in un’ottica sussidiaria per preservare le particolarità sussistenti tra le diverse tipologie di tirocinio curriculare. È infatti evidente come la finalità di uno stage svolto in PCTO abbia uno scopo differente rispetto a quello svolto all’interno di un percorso di IeFP, che a sua volta necessita di un impianto diverso rispetto a un tirocinio universitario per l’acquisizione di crediti formativi.
Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Siena