Bollettino ADAPT 20 giugno 2022, n. 24
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali è intervenuto lo scorso 6 giugno con la corposa circolare n. 12/2022 in tema di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore (c.d. apprendistato di primo livello).
Il documento è stato predisposto a valle di un processo di confronto – avviato nel 2019 – nell’ambito del Tavolo interistituzionale dell’Organismo tecnico per la predisposizione del repertorio nazionale delle professioni (previsto dall’articolo 46, comma 3, del d.lgs. n. 81/2015), presieduto dal Ministero del Lavoro e coadiuvato dai diversi partner istituzionali quali Inps, Inail, INL, ANPAL e INAPP.
L’obiettivo principale del Tavolo istituzionale è quello di individuare «le criticità di ordine giuridico e pratico, inerenti ai profili gestionali del contratto di apprendistato di primo livello che fino ad oggi ne hanno ostacolato la piena attuazione», nonché fornire allo strumento «un ruolo strategico per il rafforzamento dei sistemi di alternanza scuola-lavoro», come richiesto dalle ultime Raccomandazioni del Consiglio dell’Unione Europea (Raccomandazioni del 15 marzo 2018 e del 24 novembre 2020).
Il risultato è un documento che, ricomponendo il quadro normativo e le regole di funzionamento dell’istituto, da un lato fa chiarezza rispetto ad alcuni punti che gli operatori ritenevano oscuri, dall’altro lato rischia di render ancor più complesso l’utilizzo di uno strumento che, a torto o a ragione, è già stato più volte accusato di eccessiva “burocratizzazione”. Se si considera il lungo tempo di preparazione e i confronti che la hanno generata, la circolare appare piuttosto deludente per capacità di analisi e soluzioni proposte.
Uno dei principali elementi di novità riguarda la durata del contratto di apprendistato di primo livello. Difatti, il Ministero chiarisce che al fine di determinare il termine del periodo formativo in apprendistato, si assume quale termine conclusivo (anche ai fini dell’accertamento ispettivo) la pubblicazione degli esiti dell’esame finale sostenuto dall’apprendista. Il Dicastero parla di un vero e proprio “obbligo” dell’istituzione formativa, laddove formalizzato all’interno del protocollo tra datore di lavoro e istituzione formativa, di comunicare tramite PEC al datore di lavoro l’esito dell’esame entro e non oltre tre giorni dalla pubblicazione. Tale comunicazione si pone a tutela del datore di lavoro, cosicché egli possa optare tempestivamente su una delle seguenti soluzioni (nonché al fine di consentirgli l’assolvimento agli obblighi di comunicazione obbligatoria):
I. Prosecuzione del contratto di apprendistato di primo livello come ordinario rapporto di lavoro a tempo indeterminato (art. 42, comma 4, d.lgs. n. 81/2015);
II. Proroga del contratto di apprendistato di primo livello (art. 43, comma 4, d.lgs. n. 81/2015 e art. 4, comma 2, lett. a) – b) del D.M. 12 ottobre 2015);
III. Trasformazione del contratto di apprendistato di primo livello in apprendistato professionalizzante (art. 43, comma 9, d.lgs. n. 81/2015);
IV. Recesso dal contratto di apprendistato di primo livello (art. 42, co. 4, d.lgs. n. 81/2015).
Abbiamo contezza di alcuni contratti di apprendistato di primo livello che non hanno potuto concludersi poiché la proposta della impresa era giunta allo studente e alla scuola entro i sei mesi dal termine del quinto anno di istruzione. Come è noto (art. 42, comma 2) il contratto di apprendistato ha durata minima non inferiore a sei mesi. Non è anomalo che le richieste di assunzione siano formulate nel corso dell’ultimo anno di scuola, magari rivolte ai giovani che le imprese hanno conosciuto durante il percorso per le competenze trasversali e l’orientamento (PCTO). Alla luce di questo chiarimento, il periodo di formazione dell’apprendista si allunga anche fino a un mese (da quando conclude le lezioni, a quando effettivamente svolge l’esame conclusivo) e, di conseguenza, si eleva il limite entro il quale deve essere recapitata la proposta di assunzione.
Si precisa, inoltre, che ai fini della comunicazione obbligatoria (CO) di instaurazione del rapporto di lavoro, dal momento che non è nota sin da subito la data di pubblicazione degli esiti dell’esame finale, è possibile assumere quale “data di periodo formativo”, il termine dell’anno scolastico/formativo, come disciplinato dai rispettivi ordinamenti regionali.
La circolare, però, non risolve una questione che di frequente emerge tra quelle (poche) imprese, agenzie e scuole che si avvalgono dello strumento: cioè la decorrenza del periodo di preavviso e se, una volta individuato il momento di fine del periodo di apprendistato, il tempo del preavviso debba contarsi in avanti o a ritroso.
In merito all’attivazione dell’apprendistato di primo livello, la circolare chiarisce che il contratto può essere stipulato prima dell’avvio del percorso formativo – purché la persona risulti già iscritta al percorso formativo – ovvero contestualmente all’avvio di quest’ultimo. L’ultima possibilità è ammessa anche per l’attivazione dell’apprendistato in itinere, cioè a percorso formativo avviato, ma solo a condizione che sia garantita la durata minima contrattuale di sei mesi già ricordata e il rispetto dell’orario minimo ordinamentale secondo le disposizioni di cui al d.lgs. n. 226/2005. Tuttavia, si precisa che in tal caso il calcolo dei periodi di formazione interna ed esterna si realizza nel rispetto della durata ordinamentale e secondo i limiti percentuali previsti, fatte salve le ore di formazione già fruite dall’allievo.
Considerata la doppia anima formativa e lavorativa dell’apprendistato, il Ministero sottolinea che per i contratti stipulati part-time, la riduzione dell’orario riguarda solo le ore di prestazione lavorativa. Tuttavia, ai fini dell’individuazione della durata del periodo di prova, la nozione di orario effettivo è comprensiva di tutto l’orario contrattuale complessivamente considerato, dunque anche della parte di formazione all’interno dell’istituzione formativa, salvo diverse previsioni della contrattazione collettiva. La soluzione del contratto di primo livello part-time è particolarmente suggerita da alcune associazioni datoriali; per quanto permessa esplicitamente dal Ministero, resta una forzatura, quantomeno sotto il profilo pedagogico, poiché indebolisce quella circolarità tra formazione e lavoro che resta l’elemento distintivo di questo contratto.
Come è noto, gli apprendisti (anche di primo livello), al pari di tutti gli altri lavoratori, sono soggetti all’obbligo di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Il Dicastero ricorda che tale tutela è a carico del datore di lavoro per il periodo in cui l’apprendista lavora e si forma all’interno dell’azienda – per la sola parte in cui viene versata la contribuzione da parte del datore di lavoro – mentre è a carico dell’istituzione formativa per il periodo in cui l’apprendista svolge la formazione esterna, in qualità di studente.
L’attenzione del documento successivamente si pone in merito alla possibilità di assumere familiari in apprendistato di primo livello: il Ministero precisa che prassi di questo tipo sono consentite, senza incorrere in sanzioni o provvedimenti di disconoscimento del rapporto; tuttavia, a fronte del principio di presunzione della gratuità dei rapporti di lavoro tra familiari, l’onere di provare la subordinazione grava in capo al datore di lavoro.
L’ultimo elemento di novità riguarda il via libera da parte della circolare in analisi ai c.d. “apprendistati transregionali”, ossia alla possibilità che l’apprendista sia assunto da un datore di lavoro con sede legale e/o operativa situata in una regione diversa da quella dell’istituzione formativa che eroga la formazione esterna. Il Ministero puntualizza che «non si rileva un dettato normativo che vieti tale facoltà». Ciononostante, resta fermo che per gli aspetti riferiti alla formazione, la disciplina regionale di riferimento è quella della sede dell’Istituzione formativa in cui viene erogato il percorso.
Non sono univoci i margini di compatibilità tra questa indicazione e quella contenuta nel d. lgs. 81/2015, legge di riferimento in materia di apprendistato, che all’art. 47, comma 8, prevede la possibilità che l’impresa con più sedi possa scegliere di far sempre «riferimento al percorso formativo della regione dove è ubicata la sede legale».
Una prima interpretazione che esclude che la circolare possa contraddire una norma di legge, intende che l’art. 47, comma 8, si riferisca non tanto alla disciplina regionale della formazione, quanto all’offerta formativa regionale della formazione esterna per l’apprendistato professionalizzante. Altrimenti, ove si intenda la disposizione ammettere una libertà di scelta del datore di lavoro con più sedi sulla normativa regionale da applicare, la circolare ministeriale parrebbe in contraddizione con il legislatore. Ma d’altronde l’art. 47, comma 8, non fa riferimento al solo apprendistato professionalizzante, rimandando all’art. 44, né alla sua componente di offerta formativa esterna – una lettura fedele del testo di legge parrebbe quindi orientare gli operatori a disattendere le indicazioni fornite dalla recente circolare.
È forse, questo, un punto che meriterebbe di essere chiarito dagli estensori della circolare, anche per i suoi possibili effetti restrittivi, non certo promozionali. Se, come già ricordato, uno dei limiti dell’apprendistato italiano è il suo eccessivo carico burocratico, non si capisce come chiedendo ad aziende multilocalizzate di far riferimento a 21 diverse discipline regionali, anziché alla sola disciplina della regione in cui hanno sede legale, si possa favorire la diffusione dell’istituto.
Infine, sono allegati in calce al documento tre allegati contenenti dei fac-simile da poter utilizzare per l’attivazione e l’esecuzione di apprendistati di primo livello: uno schema di protocollo tra datore di lavoro e istituzione formativa, uno schema di piano formativo individuale e, infine, uno schema di Dossier individuale. Gli stessi modelli già allegati al D.M. 12 ottobre 2015, integrati dai contenuti espressi nella circolare medesima.
L’apprendistato di primo livello non è (ancora) riuscito ad affermarsi in Italia, con solamente circa 10.000 contratti attivati nel 2018, secondo i dati Inapp-Inps. Il suo valore – almeno in teoria – è noto: grazie ad esso i giovani coinvolti acquisiscono competenze in contesti di apprendimento diversi dalla tradizionale “classe”, utili per il loro futuro professionale e per la loro maturazione personale, mentre le imprese sviluppano innovativi canali per la costruzione delle professionalità di cui spesso lamentano le difficoltà di reperimento, e le istituzioni formative innovano i propri metodi e si aprono (ancora di più) al territorio.
È tempo che l’apprendistato di primo livello esca dalla sua lunga fase “sperimentale” – anche grazie alle risorse messe a disposizione dal PNRR per il sistema duale – e si affermi in territori e in contesti nei quali è ancora per lo più sconosciuto. Per farlo, ha bisogno di operatori di prossimità – parti sociali, imprese, istituzioni formative, enti locali – in grado di progettarne i percorsi, e capaci di gestirne anche le numerose particolarità. La circolare in commento nasce con l’obiettivo di aiutare gli operatori a “fare apprendistato”: dopo tre anni di lavoro era però legittimo aspettarsi un documento più preciso e approfondito, mentre come si è sottolineato alcuni passaggi della circolare rischiano di complicare, anziché favorire, l’attivazione di contratti di apprendistato.
Sebbene sia esplicitamente dedicata all’apprendistato di primo livello, gli orientamenti in essa contenuti nella prassi verranno applicati anche per l’apprendistato di terzo livello (o di alta formazione e ricerca), dato che su alcuni aspetti le logiche operative da seguire per la progettazione dei percorsi sono le medesime. Ma le particolarità di quest’altra tipologia di apprendistato avrebbe meritato un’attenzione dedicata, per evitare che questa confusione non faccia altro che limitare ulteriormente il ricorso a questo istituto.
In sintesi, la circolare nasce con il giusto obiettivo di favorire l’attivazione di contratti di apprendistato di primo livello, ma rischia di generare l’effetto opposto, o comunque di far emergere più dubbi che certezze. D’altronde, non può certo essere una circolare a determinare il successo dell’apprendistato duale in Italia: come già detto, è oggi il momento opportuno per scommettere sulla costruzione di esperienze di apprendistato dal basso, a partire dai territori e da quelli che abbiamo già definito operatori di prossimità. E per aiutare quest’ultimi in questo difficile – e spesso solitario – cammino di progettazione e costruzione, come ADAPT abbiamo pensato di aprire a tutti loro una community online dedicata a chi vuole “fare apprendistato”, dove collaborare liberamente con l’obiettivo di condividere buone pratiche, casi, dubbi, esperienze, e costruire legami e reti per favorire – in questo caso si, in maniera decisiva – la diffusione dell’apprendistato duale.
ADAPT Senior Research Fellow
Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Siena
Presidente ADAPT
Associazione per gli studi sulle relazioni industriali e di lavoro
ADAPT Junior Fellow