Bollettino ADAPT 7 novembre 2022, n. 38
In che modo l’apprendistato è diventato un punto di forza nel sistema industriale della Germania? È questa la domanda a cui l’autrice K. Thelen prova a dare risposta ricostruendo la storia dello skill formation system tedesco nel testo How Institutions Evolve: The Political Economy of Skills in Germany, Britain, the United States and Japan. Dopo aver analizzato l’origine dell’apprendistato (si veda La rappresentanza tra tradizione e innovazione/5 – Alle origini del sistema duale tedesco, in Bollettino ADAPT 5 settembre 2022, n. 29) l’attenzione si sposta nel periodo a cavallo tra le due guerre mondiali, in concomitanza con il drammatico periodo caratterizzato dall’ascesa al potere del partito nazista e nell’immediato dopoguerra.
Il caso del sistema di formazione professionale tedesco è esemplificativo di come le istituzioni che sopravvivono così a lungo non restano immutate nel corso del tempo, ma sono continuamente soggette a contestazioni e rinegoziazioni sulla loro struttura e funzione, in base al peso decisionale che le parti interessate acquisiscono o perdono nel corso del tempo, poiché “in order to survive, institutions can rarely just stand still” (p. 217).
L’apprendistato durante il periodo nazista
Dalla sua origine, il sistema della formazione professionale tedesco per mezzo dell’apprendistato era rimasto perlopiù di interesse delle rappresentanze coinvolte (datoriali-sindacali); lo stato si era limitato a riconoscere, con la legge del 1897, un sistema che si era strutturato in autonomia, originato dalle relazioni industriali. Con l’avvento del nazismo si assiste ad un notevole aumento dell’interesse governativo per il controllo della formazione dei lavoratori, che si traduce nell’attuazione di diversi tentativi di accrescere l’ingerenza dell’apparato pubblico nel sistema dell’apprendistato. Le politiche formative ricoprivano grande importanza nelle idee del regime, sia come strumento di indottrinamento ideologico, sia come mezzo per combattere una dilagante disoccupazione giovanile, cresciuta esponenzialmente con la crisi economica del 1929. L’interesse mostrato dal partito nazista si manifesterà per mezzo del Fronte tedesco del lavoro (Deutscher Arbeitsfront o DAF) ente paratastale che dopo lo scioglimento dei sindacati nel 1933 subordinò la funzione di rappresentanza alle volontà del partito.
Durante il regime nazista la formazione professionale ebbe una massiccia diffusione: come evidenzia l’autrice, se nel 1933 la percentuale di lavoratori qualificati (che avevano dunque superato l’esame finale dopo l’apprendistato) nell’industria era del 45%, con il 20% mediamente qualificato e il 35% privo di formazione tecnica, nel 1938 il 90% dei giovani di sesso maschile, terminati gli studi obbligatori (o abbandonando gli stessi) entrava in un percorso triennale di apprendistato nelle imprese dell’artigianato o dell’industria. Nel 1935 l’apprendistato industriale ottenne finalmente una parificazione rispetto a quello del settore dell’artigianato, con l’obiettivo di spostare sempre più lavoratori nell’industria: le Camere dell’Industria e del Commercio (Industrie- und Handelskammertag o IHK) ottennero poteri equivalenti alle Camere dell’Artigianato (Handwerkskammern o HWK) per la certificazione dell’apprendistato, potendo attribuire la qualifica di operaio specializzato (Facharbeiter) previo superamento dell’esame finale. Venivano meno, dunque, gli accordi che nel decennio precedente avevano permesso agli apprendisti provenienti dal settore industriale di ottenere la qualifica professionale presso le HWK e soprattutto quest’ultime persero la prerogativa esclusiva per quanto riguarda la gestione del sistema dell’apprendistato e dell’attribuzione delle qualifiche professionali, che detenevano dal 1897.
Il passaggio maggiormente significativo del periodo, evidenziato dall’autrice, fu l’adozione di standard di competenze e strumenti normativi (Ausbildungsordnungen) sviluppati dal Comitato Tedesco per l’Istruzione Tecnica (Deutscher Ausschuß für Technisches Schulwesen, o DATSCH), che, come visto nel precedente articolo sull’origine dell’apprendistato, era stato il principale soggetto a promuovere materiali e linee guida formative per l’industria metallurgica e meccanica negli anni Venti. Le indicazioni elaborate da DATSCH dal 1937 furono ufficialmente riconosciute dal Ministro dell’Economia del Reich e divennero obbligatorie per tutte le imprese, diffondendosi a livello nazionale. Una significativa novità fu rappresentata dall’introduzione del registro nazionale degli apprendisti artigianali e industriali: questi servivano alle autorità e alle camere per il monitoraggio della politica di orientamento professionale (Berufslenkung) e della qualità dell’apprendistato che le imprese offrivano, oltre che per il controllo degli esami, dei punteggi e in generale di molte informazioni utili per la programmazione.
Nell’analisi dell’evoluzione istituzionale dell’apprendistato durante il periodo nazista, l’autrice sottolinea come sia necessaria una valutazione su due piani diversi. Da un punto di vista istituzionale, il sistema conobbe un notevole cambiamento dal punto di vista della standardizzazione di percorsi, qualifiche e competenze, con la parificazione tra apprendistato industriale e artigianale ed una centralizzazione del potere decisionale. Dal punto di vista della valenza formativa dell’apprendistato, le esigenze belliche portarono diverse conseguenze negative, come la riduzione della durata dell’apprendistato per un immediato impiego dei lavoratori, il calo della qualità della formazione e delle competenze sviluppate, e la forte riduzione della componente didattica a fronte di un sistema più improntato all’addestramento ad una mansione che alla formazione di figure professionali complete. Inoltre, la netta esclusione dei sindacati e la riduzione dei poteri delle Camere dell’Artigianato nella gestione dell’apprendistato portarono ad un affievolimento del legame dell’apprendistato con le specificità economico-produttive dei territori.
La ricostruzione dell’apprendistato nel dopoguerra
Nel dopoguerra il sistema della formazione professionale per mezzo dell’apprendistato riemerse gradualmente nei territori della Germania occidentale, riprendendo quelle caratteristiche che lo avevano contraddistinto nel periodo pre-bellico. Le Forze Alleate assecondarono la ricostruzione, quasi spontanea del sistema, in ottica di una riqualificazione della popolazione giovanile in età lavorativa e di un rilancio dell’economia in generale.
Nei territori controllati dagli Alleati fu particolarmente rafforzata la componente educativo-scolastica della formazione, con l’obiettivo di trasmette agli studenti tedeschi nozioni e valori di responsabilità civile e cultura democratica, compensando così alla forte contrazione che tale componente formativa aveva subito durante il nazismo. Le Camere dell’Artigianato (HWK) e quelle dell’Industria e del Commercio (IHK) ripresero il loro ruolo nella regolamentazione dell’apprendistato, e furono incentivate nella loro azione dalla logica federalista impostata dagli Alleati nel governo del territorio, che mirava ad evitare la concentrazione di potere a livello di stato centrale, lasciando dunque alle rappresentanze sociali e agli attori economici e industriali la facoltà di auto-regolamentare la formazione professionale senza l’ingerenza del governo centrale.
Tale situazione venne certificata da due atti normativi, la Legge sull’artigianato del 1956 (Handwerksordnung o HwO) e il Regolamento provvisorio sui diritti delle Camere del commercio e dell’industria (Gesetz zur vorläufigen Regelung des Rechts der Industrie-und Handelskammern, IHKG). In entrambi i provvedimenti, le Camere vengono definite come le “autorità competenti” in materia di formazione professionale, pur operando sotto la supervisione statale e con un mandato per consentire la partecipazione dei lavoratori.
La HwO del 1953 costituiva il fondamento giuridico dell’esistenza delle Camere dell’Artigianato e il loro ruolo nell’amministrazione e nel controllo della formazione nel settore dell’artigianato, riconoscendo queste come istituzioni di diritto pubblico a cui le imprese di settore dovevano obbligatoriamente aderire. Le HWK godevano di ampie prerogative in materia di formazione stabilendo profili professionali e linee guida formative, monitorando la formazione in impresa e sovrintendendo all’esame e alla certificazione di operai e maestri artigiani. Erano inoltre titolari degli elenchi degli apprendisti e della registrazione dei contratti di apprendistato, strumenti fondamentali per il monitoraggio della formazione. Dal punto di vista della partecipazione, la legge stabiliva che un terzo dei membri dell’assemblea generale, del consiglio direttivo e dei comitati di una camera fossero delegati scelti dagli operai qualificati. Nelle commissioni d’esame era previsto un numero uguale di rappresentati dei datori di lavoro e degli operai. La legge è stata successivamente modificata nel 1965 prevedendo anche una componente pedagogica nell’esame di Meister (per l’avanzamento dallo stato di operaio specializzato a “maestro artigiano”). L’idea era di garantire che coloro che avevano ottenuto il riconoscimento di “maestro artigiano” possedessero non solo competenze tecnico-specifiche, ma anche abilità pedagogiche di base prima di poter assumere apprendisti.
Allo stesso modo, grazie alla IHKG le Camere del commercio e dell’industria (IHK) acquisirono lo status di istituzioni pubbliche, con il ruolo, attribuito dalla legge, di amministrazione e supervisione della formazione professionale di tipo industriale. Le Camere svolgevano ruoli simili alle HWK, curando i registri degli apprendisti, emanando regolamenti che disciplinavano professioni e competenze ed erano responsabili del monitoraggio e della valutazione sull’idoneità delle imprese nella formazione degli apprendisti. La legge prevedeva la partecipazione dei lavoratori per mezzo dell’istituzione di un comitato interno alle IHK con funzioni di consultazione, composto in egual numero da rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori. Inoltre, le commissioni d’esame per la certificazione dell’apprendistato dovevano essere composte da due rappresentati dei datori di lavoro, un responsabile della formazione ed uno dei lavoratori.
Nella voce della Confederazione dei Sindacati Tedeschi (Deutscher Gewerkschaftsbund o DGB) essi riproposero le rivendicazioni già avanzate nei primi anni del novecento di un riconoscimento legislativo della partecipazione delle rappresentanze nel sistema di gestione dell’apprendistato, ma ancora una volta le richieste rimasero inascoltate in quanto le leggi presentate prevedevano la partecipazione delle rappresentanze dei lavoratori, ma nel contesto delle associazioni di autogoverno dei datori di lavoro (dove il sindacato, negli organi ufficiali, non godeva mai di maggioranze decisionali) piuttosto che sotto gli auspici di un quadro legislativo nazionale a livello federale. Sia il settore dell’artigianato che quello industriale, come visto, erano diffidenti nei confronti di un’eccessiva ingerenza statale, reduci dall’esperienza del regime nazista e spaventati dalla situazione riscontrabile nella Repubblica Democratica Tedesca (Germania Est), restando dunque fedeli alla volontà di autoregolamentazione del sistema che oltretutto era primariamente sovvenzionato dal settore privato.
La seconda sconfitta per le rappresentanze dei lavoratori avvenne nel dibattito riguardante la natura del contratto di apprendistato, con il sindacato in pressione per considerare quest’ultimi come contratti di lavoro, in modo da rappresentare gli interessi materiali dei tirocinanti. I datori di lavoro dell’artigianato premevano affinché i contratti di formazione fossero definiti quali relazioni educative scongiurando che l’indennità di formazione potesse essere considerata un salario, per timore dei costi eccessivi che il settore avrebbe dovuto sostenere in tal senso. Le imprese industriali, meno preoccupate per i costi formativi, erano restie allo stesso modo temendo che la contrattualizzazione degli apprendisti come lavoratori si trascinasse nel regno conflittuale delle controversie salariali.
Conclusioni
Nell’analisi dell’autrice viene messo in evidenza come, nel processo di ricostruzione dello skill formation system, i soggetti che erano stati protagonisti dell’apprendistato nella prima parte del secolo hanno rappresentato nei fatti uno dei fattori principali della ripresa economica e sociopolitica della società tedesca, messa a dura prova dalle politiche del regime e dal periodo bellico. In particolare, nel primo dopoguerra verrà definitivamente sancito il ruolo delle Camere di rappresentanza (HWK e IHK) che acquisiscono il ruolo di istituzioni pubbliche per la formazione dei lavoratori, svolgendo una funzione centrale nella costruzione delle competenze e delle figure professionali. In definitiva, il sistema dell’apprendistato resiste ai grandi stravolgimenti, e riesce a ricostruirsi dopo la guerra in quanto esso era stato assimilato ormai da tempo nel tessuto economico-produttivo tedesco, sia da parte delle imprese che dei lavoratori nei sindacati, in ragione della sua efficacia in termini formativi, di occupabilità e di produttività.
Scuola di dottorato in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro
ADAPT, Università degli Studi di Siena,
@M_DelleChiaie